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Ritorno al futuro. 25 anni di BMW Z1
Wed Jun 27 09:19:07 CEST 2012 Comunicati Stampa
Fu un autentico salto quantico: quando, nell’autunno 1988, BMW annunciò la Z1 alla stampa internazionale nella città italiana di Punta Ala, il suo diretto antesignano era parcheggiato nel cortile sul retro dell’albergo; si trattava di una BMW 507 risalente alla fine degli anni Cinquanta – l’ultima sportiva biposto a essere inserita nella gamma BMW. In effetti, il salto nel tempo che portò alla Z1 era di gran lunga superiore ai circa 30 anni intercorsi. Le soluzioni avveniristiche adottate guardavano al futuro – in verità, alcune delle idee più rivoluzionarie sono straordinarie oggi come allora
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Author.
Roberto Olivi
BMW Group
Fu un autentico salto quantico: quando, nell’autunno 1988, BMW
annunciò la Z1 alla stampa internazionale nella città italiana di
Punta Ala, il suo diretto antesignano era parcheggiato nel cortile sul
retro dell’albergo; si trattava di una BMW 507 risalente alla fine
degli anni Cinquanta – l’ultima sportiva biposto a essere inserita
nella gamma BMW. In effetti, il salto nel tempo che portò alla Z1 era
di gran lunga superiore ai circa 30 anni intercorsi. Le soluzioni
avveniristiche adottate guardavano al futuro – in verità, alcune delle
idee più rivoluzionarie sono straordinarie oggi come allora.
Il tutto ebbe inizio con un’idea molto ardita. Al Consiglio di
Amministrazione di BMW venne in mente di allestire in una filiale
ultramoderna una specie di think tank, completamente isolato
da tutti gli altri uffici di sviluppo. L’idea era di dare libero sfogo
a ingegneri, tecnici e designer BMW altamente qualificati, affinché
potessero trasformare in realtà le loro idee creative migliori.
L’idea fu realizzata agli inizi del 1985. A meno di cinque
minuti di macchina dalla sede centrale del Gruppo, nacque una società
high-tech totalmente dedicata che sarebbe diventata un benchmark in
tutto il mondo: BMW Technik GmbH, nota a livello internazionale
semplicemente come “ZT”. Dopo soli sei mesi, il team di 60 persone
produsse esattamente i risultati auspicati: concept concreti, studiati
per dare nuovo impulso alla produzione automobilistica, nell’ambito di
un progetto pilota per l’impiego di nuovi materiali, l’utilizzo di
diversi tipi di strutture e la riduzione dei tempi di sviluppo. Non ci
volle molto per coniare un nome per tutto questo: Z1.
Il progetto pilota si vende da sé: è sempre più probabile che
la Z1 entri
in produzione
Il progetto veramente si vendette da sé. All’inizio, nessuno si era
sognato di mettere in produzione una concept car spacciandola per
un’elegante roadster – ma era troppo pregevole e il pensiero di una
nuova sportiva BMW era troppo accattivante. Il Consiglio di
amministrazione di BMW diede il via libera e, quasi dodici mesi più
tardi, non solo c’era un modello di styling da ammirare, ma era pronto
anche il primo prototipo in grado di viaggiare su strada. Il primo
agosto 1986, BMW annunciò pubblicamente: “BMW Technik AG ha messo a
punto il suo primo prodotto. La BMW Z1, uno studio, è stata concepita
sulla base di specifiche fondate sulla lunga tradizione BMW, ma
tenendo al contempo presenti le esigenze di mobilità future”.
Un’occhiata fu sufficiente per sapere esattamente su cosa si
sarebbe basata la sportiva biposto dalle proporzioni superbe: si
facevano sempre più pressanti le richieste dei clienti di una roadster
che continuasse l’eredità delle leggendarie sportive BMW del passato.
La 328 e la 507 erano entrate nei libri di storia come icone di
sportività e stile, e per decenni non c’era stato nulla che potesse
prenderne il posto. Era ormai ora di colmare questo vuoto con qualcosa
di veramente moderno. Il comunicato stampa affermava: “BMW Technik è
stata incaricata dal Consiglio di Amministrazione di BMW AG di
studiare e realizzare un concept di automobile che soddisfi ampiamente
il desiderio di “libertà sulle quattro ruote, piacere di guida e
prestazioni”. Ovviamente l’esperienza di guida fondamentale doveva
avere la precedenza sull'approccio mirato alla comodità che negli anni
Ottanta aveva prevalso nei concept delle auto sportive della
concorrenza. “Giovane”, “dinamica” e “aggressiva” dovevano essere le
parole che meglio descrivevano la Z1, insieme a “una nuova dimensione
di guida”. Gli attributi caratteristici della roadster BMW furono fusi
con la tecnologia più innovativa. Tra gli ingredienti vi erano le
prestazioni superiori, la possibilità di guidare con la capote
abbassata, un senso di pura originalità e un tocco di stravaganza. La
Z1 aveva tutte le credenziali giuste: peso contenuto e baricentro
ribassato, motore centrale anteriore e dimensioni compatte. Ma il clou
era indubbiamente la tecnologia pionieristica che si rifletteva nel
peculiare concept della portiera scorrevole in verticale e della
struttura di supporto in lamierino metallico con rivestimento esterno
in materiale plastico.
La domanda è più che convincente: la roadster deve essere
costruita – a mano
La risposta fu travolgente – l’azienda fu inondata di richieste dei
clienti, mentre l’opinione pubblica si domandava se mai BMW avesse
avuto davvero il coraggio di costruire l’automobile. BMW taceva, ma,
dietro le porte “blindate” lo sviluppo per una produzione di serie
procedeva alacremente. Era evidente che, per le insolite
caratteristiche del design e dei materiali usati, la Z1 sarebbe stata
costruita in gran parte a mano. E altrettanto evidente era che questo
avrebbe significato una produzione limitata e un prezzo al pubblico
elevato. Ciononostante, il Consiglio di Amministrazione di BMW decise
di andare avanti con il lancio.
Quasi esattamente due anni dopo aver finalizzato lo studio della
Z1 e un anno dopo l'annuncio del concept, il 10 agosto 1987 BMW mise
in tavola le sue carte con il seguente annuncio: “Il tempo delle
speculazioni è finito, l’enigma è svelato: BMW AG presenterà la Z1
Roadster al Salone di Francoforte”. L’accelerazione del processo di
sviluppo era stato un compito pilota per questo progetto e, dopo uno
sviluppo di soli tre anni, un numero limitato di quest’auto sportiva
con motore centrale da 170 CV, applicato nella porzione anteriore,
sarebbe entrato in produzione su piccola scala a partire dal giugno
1988. “Quando la produzione su ordinazione marcerà a pieno ritmo, ogni
giorno, sei appassionati potranno iniziare a godere di un piacere di
guida puro e non limitarsi a sognarlo.”
L’inchiostro dell’annuncio non si era ancora asciugato, che a
Monaco arrivarono i primi pre-ordini. Il Salone dell’Auto di
Francoforte non era nemmeno iniziato, quando una rivista di
automobilismo scrisse: “L’ondata di euforia dà motivo di sospettare
che l’ultima persona che inoltrerà un ordine immediato non metterà le
mani sulla Z1 prima del 2000!” BMW offrì a un ristretto gruppo di
giornalisti di spicco un'anteprima di quello che avrebbe reso unica la
nuova roadster. L’allora direttore di BMW Technik GmbH, Ulrich Bez,
diede un’enfatica dimostrazione dei benefici della pannellatura in
plastica: saltò a piè pari su un parafango poggiato sul pavimento che
si deformò immediatamente – per poi tornare subito alla forma
originale quando Bez si spostò.
BMW e lo storico Salone dell’Auto di Francoforte del 1987:
primo V12, prima Serie 3 Touring, prima Z Roadster
Quando finalmente il Salone aprì i battenti, l’11 settembre, i
visitatori accorsero a frotte allo stand BMW per vedere una
straordinaria collezione di numeri primi, tutti destinati a entrare
nella storia dell’automobilismo. Furono presentate in anteprima
mondiale la 750i motorizzata con il primo 12 cilindri prodotto in
Germania dal dopoguerra, la prima Serie 3 Touring di tutti i tempi,
che aprì la strada a una nuova tipologia di auto, e, ovviamente,
l’avanguardistica Z1, la prima roadster BMW da circa trent'anni. La
roadster era esposta con grande risalto, su uno sfondo costituito da
una parete di acqua, per un effetto strabiliante; una rivista di
attualità tedesca ritenne che fosse “l’automobile probabilmente più
fotografata di tutto il Salone”.
Con così tanti clienti disperatamente impazienti di essere tra i
primi a ordinare una Z1, una rivista di automobilismo tedesca decise
di tentare la fortuna acquistando direttamente la Reed Green esposta
nello stand. Nonostante i 150.000 DM offerti in contanti, il team BMW
fu irremovibile: proprio non era possibile, perché quella Z1 era una
delle dieci automobili di prova, e tutte erano strettamente
necessarie. Inoltre, la Z1 doveva ancora effettuare le prove di
omologazione, per cui in nessun caso sarebbe stato possibile vendere
la roadster – neanche a fronte dei due milioni di marchi tedeschi,
pari al costo effettivo del prototipo!
Così iniziò il temporeggiamento – che durò oltre un anno, perché
si giunse all'autunno 1988 prima che la Z1 entrasse in produzione. Il
prezzo previsto era di 80.000 marchi tedeschi. Nel frattempo, la
clientela potenziale poteva consolarsi con il primo dépliant
commerciale dal titolo “Per pura passione di guida: la BMW Z1
High-Tech Roadster”.
Ottobre 1988: la Z1 – un approccio del tutto diverso allo sviluppo
e alla costruzione
L’ora fatidica scoccò nell’ottobre 1988. Per il dr. Wolfgang Reitzle,
Membro del Consiglio di Amministrazione e Responsabile Ricerca e
Sviluppo presso BMW AG, la roadster non era solo un altro nuovo
modello. Soprattutto, essa confermava il successo dell'innovativa
struttura di sviluppo realizzata in BMW: “Quale conseguenza dei nuovi
processi lavorativi interdipartimentali realizzati con il Centro di
Ricerca e Tecnologia in associazione con Motorsport GmbH e Technik
GmbH, BMW dispone adesso di strumenti straordinari ed estremamente
efficienti per lo sviluppo di nuove automobili. La Z1 rappresenta il
primo progetto in cui BMW si è avventurata andando oltre un semplice
progetto di automobile per testare e applicare con successo nuovi
approcci rivoluzionari in una forma più ambiziosa”.
La Z1 era veramente diversa in tutto e per tutto. Una monoscocca
autoportante composta da singole parti in lamierino di acciaio
costituiva l’ossatura dell’automobile. Dopo essere stato saldato,
l’intero telaio era stato galvanizzato per immersione a caldo, non
solo per garantire alla monoscocca una protezione continua contro la
corrosione, ma anche per renderla più rigida: il rivestimento di zinco
fungeva da elemento di congiunzione e supporto, soprattutto intorno
alle linee di giunzione dei pannelli e sulle sovrapposizioni di
giunti. Il risultato fu una maggiorazione di circa il 25% della
resistenza alla torsione della monoscocca.
La seconda peculiarità della scocca della Z1 era il pianale
incollato e in parte avvitato al telaio – e realizzato in plastica. In
collaborazione con gli specialisti di MBB – adesso fusa in EADS – gli
ingegneri di Z1 avevano sviluppato un materiale che combinava il peso
ridotto con un’elevata capacità di carico, era immune alla corrosione,
sicuro nelle collisioni e produceva contorni regolari della
sottoscocca. La soluzione era una combinazione di materiali in fibra
composita uniti “a sandwich”. La struttura risultante di due strati di
resina epossidica rinforzata con fibra di vetro inframmezzati di
schiuma poliuretanica, formava un pianale di soli 15 chilogrammi.
In più, questa struttura aveva il valore aggiunto di poter
preassemblare l’unità pianale separatamente, prima di incollarla al
telaio e, in alcuni punti, avvitarla alla struttura in acciaio.
Speciali rinforzi di irrigidimento, integrati nella struttura a
sandwich, consentivano di applicare forze elevate in prossimità, per
esempio, dei punti di montaggio del telaio e dei sedili. In sostanza,
questo pianale aumentava la resistenza alla torsione statica della
monoscocca di un ulteriore dieci per cento.
Con l’ausilio ulteriore dei longheroni laterali alti e
sovradimensionati e dell’incastellatura del motore, questa struttura
si caratterizzava per la resistenza e la sicurezza straordinarie in
caso di incidente. Un tubo trasversale nella zona del cruscotto veniva
combinato con il tubo utilizzato per rinforzare il telaio del
parabrezza, così da assicurare una protezione altamente efficace anche
in caso di collisione laterale. E poiché il tubo inserito nel telaio
del parabrezza collegava direttamente i due montanti A, esso garantiva
anche una protezione contro il ribaltamento.
Nuovo outfit in un’ora soltanto: il rivestimento esterno di
pannelli di plastica interamente collegato a vite
La monoscocca fu avvolta nella plastica, benché fosse pronta ad
andare su strada così com’era: la Z1 fu il primo modello a presentare
un esterno in plastica le cui parti verticali erano tutte realizzate
in termoplastica stampata a iniezione. Resistenti e immuni ai danni, i
pannelli erano collegati a vite. In teoria, con un secondo set
completo di pannelli esterni era possibile passare da una Z1 rossa a
una blu nello spazio di un’ora, adoperando nient’altro che un cacciavite.
Diversi tipi di plastica furono utilizzati per le diverse parti
della pannellatura, secondo la funzione cui erano destinate. Le pareti
laterali anteriore e posteriore, le portiere e le coperture dei
longheroni laterali erano in termoplastica high-tech, nota per essere
altamente resistente agli impatti, che ovviava quasi del tutto al
rischio che colpi di lieve entità generassero protuberanze e
ammaccature. La pannellatura per i paraurti anteriore e posteriore
possedeva invece proprietà molto diverse – la plastica estremamente
elastica utilizzata tornava interamente nella sua forma originaria
dopo aver subìto impatti a 4 km/h (2,5 miglia orarie).
Il cofano e lo sportello del bagagliaio così come il coperchio
del vano capote erano realizzati in speciali fibre composite. Durante
la produzione di questi componenti plastici, diverse fibre di vetro
(secondo i requisiti del componente), sezioni dell'anima in schiuma e
i necessari elementi di fissaggio, quali perni e sostegni di
collegamento, venivano posizionati nello stampo allo stato asciutto.
Dopo aver chiuso lo stampo, la resina epossidica veniva iniettata e
compressa in sequenze termiche accuratamente controllate. I componenti
così realizzati combinavano l’eccellente qualità di superficie e
l’elevata resistenza con un assorbimento di energia precisamente
definito in caso di incidente. Nonostante questi vantaggi, gli
ingegneri BMW ammisero: “sembrerebbe impossibile che nel futuro
prevedibile venga usata una maggiore quantità di plastica per
realizzare l’esterno di automobili di produzione di massa”.
Speciale sistema di verniciatura con tre diversi gradi di durezza
Le quattro finiture di vernice previste per la Z1 non erano semplici
colori dai nomi altamente evocativi di Green metallic, Dream Black
metallic, Fun Yellow e Top Red; esse presentavano anche una diversa
composizione chimica. Il lavoro di sviluppo, svolto in collaborazione
con i fornitori, aveva portato alla creazione del sistema di
verniciatura Varioflex, che soddisfava ogni esigenza di verniciatura
di materiali plastici diversi.
All’epoca, le convenzionali tecniche di verniciatura per il
metallo non imponevano alla vernice speciali requisiti di
flessibilità, in quanto era relativamente semplice ottenere un’elevata
lucidatura della superficie e mantenere il colore uniforme. D’altro
canto, le diverse esigenze in relazione ai componenti specifici e ai
diversi materiali plastici utilizzati sulla BMW Z1, richiedevano un
sistema di verniciatura che offrisse tre diversi livelli di
flessibilità: flessibilità elevata per paraurti e pannellatura dei
longheroni laterali, flessibilità media per portiere e deflettori e un
rivestimento di vernice duro – come su un corpo metallico – per
cofano, sportello del bagagliaio e copertura del vano capote. Mentre
tutti i componenti erano sottoposti alla stessa verniciatura di base,
che dava il colore vero dell'automobile, le parti venivano trattate
con vernici trasparenti diverse, secondo il grado di elasticità richiesto.
Ineguagliabili ancora oggi: portiere scorrevoli verticali
Vista dall’esterno, la Z1 aveva l’aspetto di una roadster sofisticata
ma sostanzialmente convenzionale – se non fosse stato per le porte. Si
ritraevano elettricamente nei longheroni laterali, consentendo sia al
conducente sia al passeggero di viaggiare con la portiera aperta – una
caratteristica mai uguagliata. “L’automobile è così ribassata e le
fiancate così basse che al guidatore basta sporgersi leggermente per
cogliere senza fatica meliloto, piantaggine e altre piante che trova
lungo la strada”, scrisse una rivista di attualità. Inoltre, questo
modo di viaggiare particolarmente dinamico era anche perfettamente
sicuro e legale, grazie alla protezione laterale garantita dai
longheroni alti.
Il meccanismo delle portiere e dei finestrini laterali era
comandato da due motorini elettrici e da una cinghia dentata. I motori
integravano una funzione freewheel per consentire,
eventualmente, di azionare a mano porte e finestrini. Per evitare di
caricare la porta con ulteriore peso, tutti i componenti elettrici e
meccanici erano integrati nella scocca dell’automobile. Un doppio
dispositivo di blocco meccanico che agiva sulle portiere in posizione
aperta o chiusa impediva il tintinnìo e l’eccessivo movimento delle
portiere durante la marcia. Ovviamente era possibile abbassare i
finestrini laterali indipendentemente dalle portiere: dopo aver aperto
e richiuso le portiere, i finestrini tornavano automaticamente nella
posizione precedente.
Auto sportiva priva di alettoni e spoiler: un modello di
design aerodinamico
L’aspetto della Z1 mascherava il suo talento da vera sportiva.
Originariamente concepita come un laboratorio di test automobilistici,
l’aerodinamica straordinaria era stata la principale priorità per lo
sviluppo. L’intento era di centrare l’obiettivo senza ricorrere ai
consueti supporti aerodinamici, quali spoiler e alettoni; piuttosto,
era la forma di base della vettura stessa, incluso la sottoscocca, a
dover fornire i risultati desiderati.
L'estremità frontale molto appiattita della Z1, i raccordi dolci
su cofano e parabrezza, con un’angolatura di 62°, fornivano tutti gli
ingredienti giusti per consentire il deflusso ottimale dell’aria lungo
la parte superiore dell’automobile. La sottoscocca perfettamente
liscia dava luogo a una superficie senza soluzione di continuità, che
si protendeva dall’estremità frontale all’assale posteriore. La parte
al di sotto della vettura andava leggermente rialzandosi verso il
retro, con una forma a diffusore, così da dirigere il flusso dell'aria
sulla marmitta posteriore trasversale, conformata ad ala per ridurre
notevolmente il sollevamento dell’assale posteriore.
L’aspetto dell’automobile attestava che si trattava di qualcosa
di veramente speciale. Dopo tutto, uno degli highlight dell’innovativo
concept della Z1 era la peculiare rivisitazione del concept della
roadster. La forma allungata delle roadster classiche veniva
abbandonata a favore di sbalzi corti e una lunghezza complessiva
compatta rispetto all'interasse. I giunti lungo i pannelli laterali
erano del tutto diversi dal design convenzionale dell’epoca. Il nuovo
concept delle portiere generava un longherone laterale ampio e senza
giunture con un’altezza di entrata elevata, mentre il bordo superiore
dei paraurti e dei longheroni laterali formava una linea continua. La
Z1 era rastremata intorno alle portiere, cosa che conferiva ai
deflettori un aspetto ampio e svasato che rimandava alla M3. Anche la
mascherina del radiatore a forma di rene di BMW era stata rinnovata ed
era interamente integrata nel profilo del paraurti anteriore,
facendolo apparire più piccolo e compatto.
Gli interni della nuova roadster BMW erano molto funzionali ma,
soprattutto, molto esclusivi: i sedili e i pannelli delle portiere
erano guarniti con nuovi materiali di lusso e pelle pregiata. La
posizione di seduta ribassata, il tunnel di trasmissione voluminoso e
i longheroni ampi richiedevano un nuovo concept tecnico per i sedili
della Z1, per cui la roadster fu dotata di sedili a pozzetto
interamente in schiuma, che garantivano gli elevati livelli di
sostegno laterale necessari per mettere alla prova la straordinaria
tenuta in curva di questa sportiva. I gusci posteriori in plastica
verniciata nello stesso colore della carrozzeria avvolgevano lo
schienale con poggiatesta integrato. Il sedile del guidatore era
regolabile in altezza e il sedile del passeggero poteva essere
reclinato in avanti per meglio sfruttare il sistema per la gestione
dei carichi lunghi.
Baricentro ribassato, posizione allargata: “piacere di guidare supremo”
Gli organi di trasmissione e il telaio della Z1 erano derivati dalla
Serie 3. Al lavoro, sotto il cofano, c’era il classico motore BMW con
6 cilindri in linea, montato in posizione centrale anteriore, con una
cilindrata di 2,5 litri che chiamava a raccolta 170 CV. Un tubo
centrale in alluminio correva dalla scatola del cambio manuale a
cinque velocità al differenziale posteriore, per realizzare un
collegamento rigido alla torsione e alla flessione. L’assale anteriore
a snodo singolo e montanti molleggiati, derivato dalla Serie 3, si
occupava delle ruote anteriori, mentre sulla parte posteriore era
impiegata una struttura nuova di zecca: un assale multi-link con due
bracci di controllo trasversali e uno longitudinale. In Germania fu
chiamato “asse Z”, che era l’abbreviazione di “assale sferico a doppi
bracci oscillanti comandato a livello centrale” piuttosto che un
riferimento al nome del nuovo modello. La cinematica dei tre bracci di
controllo assicurava un’eccellente stabilità direzionale e un efficace
controllo anti-squat e anti-dive. Questa configurazione dotava la Z1
di caratteristiche di maneggevolezza simili a quelle di un go-kart,
con il carico assiale in rapporto di 49:51 e il baricentro ribassato
di dieci centimetri rispetto alla versione berlina equiparabile.
La Z1 era perfettamente a proprio agio quando si snodava lungo
le tortuose strade di campagna dell’Italia centrale intorno a Punta
Ala, riscuotendo consensi unanimi. Si riteneva che offrisse un
“piacere di guidare supremo” ed era ossequiata come “l’automobile del
perfetto guidatore”. Come osservarono non senza sorpresa i
collaudatori internazionali in occasione della presentazione, neanche
le strade più dissestate riuscivano a impensierire il telaio o a
provocare torsioni evidenti. La Z1 aveva una velocità massima di 225
km/h (140 miglia orarie) e poteva passare da 0 a 100 km/h (62 miglia
orarie) in soli otto secondi. “Per il guidatore della Z1, non sono le
semplici prestazioni a rendere tanto interessante quest’auto
compatta," riferì un famoso collaudatore “piuttosto, è il modo in
cui viaggia il più irrazionale di tutti i modelli BMW. Agile come un
go-kart, con una risposta istantanea dell’acceleratore, affronta le
curve come se fosse sui binari – si adatta al guidatore come un
guanto, procurandogli tanto divertimento nella guida! La sensazione
generata dall’esperienza di guida pura viene amplificata dal fatto che
praticamente si sta seduti all’aria aperta – è come una motocicletta
su quattro ruote”. Il verdetto: “In tutta verità, è una delle
automobili più divertenti che abbiamo mai guidato”. E di sicuro non vi
erano dubbi sulla straordinaria natura della roadster BMW. Come
sintetizzò una rivista di attualità: “È la BMW più straordinaria dai
giorni dell’Isetta monoporta, che aveva l’entrata tra le ruote anteriori”.
Il prezzo della Z1 era ormai salito a 83.000 DM ma non fu mai un
deterrente Circa 4.000 ordini erano già pervenuti, il che significava
che la Z1 era esaurita fino alla fine del 1990. Quando i primi
modelli uscirono dalla linea di montaggio, agli inizi del 1989, le
commesse pronte per la consegna erano già state pubblicizzate nei
quotidiani con un sovrapprezzo di 20.000 DM.
Auto di culto e trendsetter: star di un film virtuale, Art Car
– e prima nella linea delle auto sportive BMW Z
Che la roadster fosse predestinata a diventare auto di culto e
trendsetter era già intuibile dall’avanguardistica monoscocca. La
campagna pubblicitaria culminò nel primo filmato con animazione
interamente computerizzata di BMW, raffigurante una vera coppia in una
vera Z1 che scivolava attraverso un mondo virtuale per cinque minuti e
mezzo – indossando, ovviamente, il passamontagna originale in morbida
pelle bianca che BMW aveva creato in esclusiva per la Z1. Nell’autunno
del 1990, BMW Motorsport GmbH offrì il primo “tour avventuroso Z1” nel
sud della Francia, un'esperienza globale da godere “con l’anima
gemella e nello stile più esclusivo”: tre giorni nel sud della
Francia, un volo in elicottero, la guida sul circuito GP Paul Ricard
presso Marsiglia con l’opportunità di affinare la propria abilità al
volante, il soggiorno in eleganti hotel sportivi. Il prezzo totale di
3.500 DM comprendeva perfino la Z1 fornita per l’evento.
Qualche mese più tardi, nella primavera del 1991, l’artista A.R.
Penck decorò una Top Red Z1 con graffiti neri, aggiungendola alla
leggendaria serie delle Art Car. Un’altra Z1 rosso brillante era
destinata a restare in garage: una roadster con un ampio telaio
sportivo e un motore di potenza maggiorata, la Z1 M era un prototipo
della Motorsport GmbH che presentava passaruota muscolosi, estremità
frontale allungata e fari gemelli. Due prese d’aria si inarcavano
dietro i poggiatesta e sopra i due lati del grembiule posteriore vi
erano due paia di fari circolari. Per farla breve, la graziosa
roadster era stata trasformata in una nerboruta racer.
Dopo aver realizzato una serie di 8.000 modelli, la produzione
della Z1 BMW fu sospesa nel giugno 1991. Quest'automobile aveva
riportato in vita un segmento nel portafoglio BMW che ancora oggi gode
di immensa popolarità: le sportive biposto contraddistinte da una Z.
La serie limitata in cui fu prodotta, il concept del design
straordinariamente globale e, non di meno, l’eccezionale piacere di
guidare che generava, hanno valso alla Z1 un posto tra i classici
moderni della storia automobilistica di BMW. Venticinque anni dopo,
queste automobili hanno ancora un look futuristico e sono in servizio
attivo: almeno una Z1 ha un chilometraggio certificato di oltre
330.000 chilometri (205.000 miglia). Il futuro non invecchia mai.
Il BMW Group
Il BMW Group, con i marchi BMW, MINI, Husqvarna Motorcycles e
Rolls-Royce, è uno dei costruttori di automobili e motociclette di
maggior successo nel mondo. Essendo un’azienda globale, il BMW Group
dispone di 29 stabilimenti di produzione dislocati in 14 paesi e di
una rete di vendita diffusa in più di 140 nazioni.
Il BMW Group ha raggiunto nel 2011 volumi di vendita di 1,67
milioni di automobili e oltre 113.000 motociclette nel mondo. I
profitti lordi per il 2011 sono stati di 7,38 miliardi di Euro, il
fatturato è stato di 68,82 miliardi di Euro. La forza lavoro del BMW
Group al 31 dicembre 2011 era di circa 100.000 associati.
Il successo del BMW Group è fondato su una visione responsabile
e di lungo periodo. Per questo motivo, l’azienda ha sempre adottato
una filosofia fondata sulla eco-compatibilità e sulla sostenibilità
all’interno dell’intera catena di valore, includendo la responsabilità
sui prodotti e un chiaro impegno nell’utilizzo responsabile delle
risorse. In virtù di questo impegno, negli ultimi sette anni, il BMW
Group è stato riconosciuto come leader di settore nel Dow Jones
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